Tradurre poesia, che passione!


I will tell you

I will tell you of my silence
of my dimming horizons
of my sinking down black holes
Swallowed without resistance
Pleased to be brought
Indifferent to be abused
And of the time I fell surrendered
And nothing mattered in the world
Reduced as I was  to a dissonant voice
Phlegmy cough of a Wayfarer
Joyous trill of a tricycle
embarrassed recall of a mother
Inaudible whispers of lovers.

I’ll  tell you about my aphasia,

Longed for as a man to caress
of disconsolate apathy
of the ones watching me
of never attained coveted ataraxia.

I’ll tell you, then, that I’ve started,
but only a little and not long ago,
stuttering words again
hearing, with forgetful amazement,
warbling new lullabies
garbled speech babbling
of politics, money and love
which warn, make morbid, soothe
scars that do not want to disappear.

traduzione di Lucia Sallustio (testo originale “Ti parlerò di Lucia Sallustio)

Ti parlerò

 

Ti parlerò dei miei silenzi

Dell’oscurarsi dei miei orizzonti

Dell’affondare in buchi neri

Inghiottita senza resistenza

Compiaciuta d’essere portata

Indifferente ad essere maltrattata

E di quando cadevo arresa

E nulla m’importava del mondo

Ridotto a voce dissonante

Tosse catarrosa di un viandante

Trillo festoso di un triciclo

Richiamo imbarazzato d’una mamma

Sussurri impercettibili di amanti.

 

Ti parlerò dell’afasia desiderata

Come un uomo da accarezzare

Dell’apatia sconsolata

Per chi mi stava a guardare

Dell’atarassia agognata e mai raggiunta.

 

E ti dirò, poi, che ho cominciato,

ma solo un poco e da poche ore,

a balbettare di nuovo parole

a sentire con dimentico stupore

gorgheggiare ninna-nanne nuove

blaterare discorsi ingarbugliati

di politica, di soldi e d’ amore

ammonire, ammorbare, addolcire

cicatrici che non vogliono sparire.

 

 

Di Lucia Sallustio

 

“Cantata di marzo” alla libreria Il Ghigno di Molfetta


Cantata di marzo
IL GHIGNO
L’isola delle storie
Via salepico 47
http://ilghignolibreria.wordpress.com/
Dal 1981
Libreria d’autorePRESENTA
“CANTATA DI MARZO” 
Con Maria Addamiano, Mimmo Amato, Armentano Luigi, Mariella Binetti, Jole de Pinto, Marco Ignazio de Santis, Michele de Virgilio, Giuseppina Di Leo, Zaccaria Gallo, Maria Nappi, Gianni Palumbo, Loredana Pietrafesa, Gianna Sallustio, Lucia Sallustio ,Ada De Judicibus Lisena

MARTEDI’ 27 MARZO
ORE 19,00

“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera”

(Alda Merini)

Tonino Guerra: “perché la gente vuole vivere altre vite”


Bellissima affermazione questa del grande poeta e sceneggiatore Tonino Guerra scomparso da qualche giorno.

Ascoltate questo video e troverete consigli semplici e utili, di una saggezza che solo la vita e l’esperienza riesce ad elaborare in maniera così spicciola da sembrare scontata. Eppure ascoltare le sue parole è un forte incoraggiamento a scrivere, a riscoprire vite e mondi tra le pagine di un libro, a riscrivere “la televisione” con sceneggiature più adeguate a suscitare emozioni vere e costruttive e non macabre e dannose.

http://www.youtube.com/watch?v=FIzY1cv0my4&feature=share

21 marzo: giornata della Poesia


PIU’

 

Più di un legame covalente

Dell’aurora del giorno irrompente

Dell’uragano che trascina ogni cosa

Della tempesta che crea distonie

 

Più del rifrangersi abbagliante

Dei raggi vaporosi nell’acqua

Del canto di sirena che sottrae

all’ardimentoso ardore l’azione.

 

Molto di più dell’odio che ribolle

Ad un mio o tuo negarti

Quando il pensiero affanna

E la voglia d’amare si fiacca.

 

Ancora, ancora di più del dubbio,

della delusione, dell’offesa

quando il cuore ammalato sragiona

e la mente annebbiata non vede.

 

Questo amore complicato e desiderato

è più, molto di più, ancora di più.

di Lucia Sallustio

Nonne, donne e pensieri


…Quando le parlava con quel tono non lo sopportava. Le ricordava il nonno, un pecoraio di poche parole non avvezzo alla gentilezza ma sensibile alla bellezza della natura nella quale aveva speso in solitudine la maggior parte della sua vita. Arlind, invece, era solo bello ma aveva maniere spicce e gratuite. S’illudeva che lo avrebbe cambiato, poco a poco. Certo, Arlind sarebbe cambiato con lei, aveva pensato. Ci voleva solo molta pazienza e furbizia di donna. Lo avrebbe cambiato con la dolcezza della sottomissione. Fagli un bel sorriso e mandalo al diavolo nella tua testa. Così ti sentirai libera dal peso delle parole e lui se ne andrà convinto di essere il più forte, aveva sentito dire un giorno da sua nonna alla vicina che il marito picchiava ogni volta che lei osava ribattergli. Quando la nonna parlava, era come se sentenziasse e anche quella volta le sue parole si erano rivelate suggerimenti forti della saggezza secolare. Da allora le voci concitate di Mimoza e Bajuk non si erano più sentite nel vicolo, tanto meno le urla e quel lamento sommesso come una maledizione che seguiva le ire e le mazzate, per tutta la notte. Meglio le parole non dette. Basta pensarle per liberarsi dei pensieri cattivi, la mente li riassorbirà e quel veleno non riuscirà a penetrare gli animi e a uccidere– aveva continuato nonna Aminah. Avrebbe fatto così anche lei, ribellarsi non serviva…

da “La modella albanese” (titolo provvisorio) di Lucia Sallustio

Incipit: proviamo a parlarne.


Oggi sono in vena di confronto, ho bisogno di sapere, di capire se questa pagina può funzionare come inizio di un romanzo o se, al contrario, non funziona, funziona male, solo a metà.

Se, per caso mi leggete, per favore lasciatemi un commento.

Grazie

Erano giorni che continuava ad arrovellarsi, senza trovare una soluzione, sia pure la più stupida, la più irragionevole, ma almeno una che gli acchetasse l’ansia che gli aveva ingrippato il cervello e tolto d’un tratto la serenità. Quello sguardo. Non riusciva a levarsi dagli occhi l’espressione miserevole e pietosa di quel volto cereo, d’una bellezza che non si smorzava neppure nello sguardo obliquo della penitente. Anzi, si accendeva d’una sensualità che incantava ed entrava dritta nelle vene dilatate dallo spasmo. Il volto afflitto della Maddalena, con quegli occhi grandi rivolti verso terra con verecondia, incorniciato dai lunghi capelli. Scivolavano lungo la schiena, le accarezzavano impudichi le natiche, ciocche avvolte a serpente come a ricordare Eva, la progenitrice delle peccatrici. L’aveva sognata perfino, nelle pochissime ore in cui, sfinito, s’era addormentato. Nel sogno gli aveva puntato gli occhi dolcissimi e sensuali dentro i suoi e si era sentito invadere da una sorta di veleno che lo aveva tenuto immobilizzato a letto per un bel po’. Ricordava ancora con fastidio la sensazione di paralisi quando aveva tentato di alzarsi e non ci era riuscito. Il corpo non rispondeva ai comandi, restava fisso, supino e un urlo di paura bloccato in gola lo soffocava. Si era svegliato fiacco, come se avesse fatto lavori pesanti tutta la notte. Quella statua lo stava facendo diventare pazzo. Per anni era rimasta chiusa nell’atelier dell’artista, gli aveva raccontato il parroco. Erano corse voci sulla modella che aveva posato per la sua realizzazione, si era gridato allo scandalo e quelli che erano riusciti a vedere la statua, nel privato del monolocale abbandonato alla sozzura e alla semi-oscurità, l’avevano chiamata la scandalosa. A tutti gli altri, ai credenti che durante la messa o nei giorni delle processioni affollavano le navate, non era mai stato concesso di fruire di tanta bellezza sublimata. I pochi che ne avevano avuto il privilegio avevano contribuito a depauperare la memoria già dubbia dell’artista. La scandalosa. Non era una novità per Maddalena che per secoli aveva conosciuto l’ostracismo della gente perbene, dei falsi moralisti, che era stata nominata nei testi accreditati e in altri rimasti sconosciuti, inserita nei Vangeli, apocrifi compresi, e, ancora vivente, era stata additata per strada. Tutti filistei, ipocriti, bisognosi di riversare il loro odio su qualcosa di tangibile o, meglio, su qualcuno, aveva concluso. Lei era stata un bersaglio e mai nessuno a scrutarle l’animo buono e generoso, quello stesso che si era preso il carico della colpa e della caducità dell’uomo. L’Uomo, appunto. Un uomo unico, straordinario, ma pur sempre dotato della stessa bassa carnalità di tutti i figli di Dio. Sermoni e pregiudizi a parte, quel volto gli diceva qualcosa, lo turbava fin nell’intimo, gli metteva un’eccitazione impudica, di quelle che aveva provato solo con certe donne.

tratto da “La modella albanese” di Lucia Sallustio