Poesie al Balcone 2010


E ci sarò anche quest’anno, sabato 28 agosto alle ore 19.00 alla Vedetta di Giovinazzo (Ba) per la declamazione della poesia che, della terna da me presentata, hanno scelto per la VII edizione  che si svolgerà in una sola giornata anziché fra sabato e domenica, come negli scorsi anni.  Già da ora emozionata, auguro agli organizzatori di portare avanti la manifestazione culturale pregevolissima per molti anni ancora.

DIETRO FARFALLE DI PLASTILINA

Ho sdrucito occhi di velluto
ho consunto mani di seta
ho screpolato pelle di cera
e invaso spazi del tuo verde
rincorrendo farfalle di plastilina
lungo vie di sassi scricchiolanti
sotto piedi ulcerati dal tempo.
Ho riempito la rete di serpi e bacche
le ho guardate smarrita, ho deciso
con te non potevo avere paura.
E senza rimpianti o ragioni oscillanti
ho liberato gli aspidi malvagi
e trattenuto i bouquet fragranti
per regalarli a te che incontrastato
veleggi nel mio cuore di panna.

dalla Silloge di Poesie E ti torce, l’amore (III posto assegnato  al Premio Letterario  Internazionale “Città di Pomezia 2010” )di  Lucia Sallustio

La noia dell’estate e il ronzio degli insetti


Chissà perchè d’estate te ne accorgi di più.  Mi riferisco alla vitalità della natura, per quel che é bello e quello che, invece, infastidisce, sto pensando alla bellezza del silenzio in estate, nelle ore della canicola che sembra trascorrino lente e dilatino il tempo, postponendo pigramente l’arrivo della sera, della movida, dei locali affollati di gente o della passeggiata al lungomare o al porto, quella che ti fa viaggiare con la fantasia, che la accende di viaggi e posti lontani.

Eppure quel silenzio meraviglioso, non disturbato dal traffico, dai clacson di guidatori inviperiti e frettolosi, da sgommate di furbetti che cercano di tagliare la fila, da radio attuttovolume di macchine di ragazzetti nullafacenti, è spesso disturbato dal ronzio di insetti, mosche che s’appiccicano alla pelle sudata e talvolta pizzicano e irritano e zanzare tigre che della tigre hanno assunto l’aggressività e dei vampiri la golosità del sangue. E certo che questi insetti non ti portano proprio a beatificare la natura e a decantarne la meraviglia quando ti scopri punture incrostate e bitorzoli infettati che rovinano la pelle scolpita dall’abbronzatura così faticosamente conquistata sotto il solleone.

Forse a questo pensava l’anno scorso M.G., curatore di Trentarighe di Fernandel quando ci ha proposto come tema la parola: INSETTO per la selezione di settembre.

Io ho partecipato, ahimé quella volta senza menzione, con questo raccontino, insetto sublimante, che di seguito vi propongo.

Splash!!! Ah, era una zanzara!

LA DANZA

di Lucia Sallustio

“Eccolo lì, bella faccia da impunito. Vanesio, che si atteggia, corpo perfetto. Ah, sì, posso gridarlo, l’esemplare più bello conosciuto, corpo di velluto, ali da carezza. Ma che sto dicendo? Voglio mica cadere di nuovo tra le sue ali? No, no, devo resistergli”

“Maja, stai svolazzando da qualche minuto intorno al corbezzolo. Apri le danze, aspettano per il sopralluogo. In fretta, prima che cali il sole e sia più difficile scegliere le nuove dimore.”

“Subito, Altezza.” Fece una riverenza e diede avvio a una danza di una soavità così sensuale che lo sciame di fuchi zittì all’improvviso, abbagliato dallo sfavillio del giallo e del nero del suo corpo affusolato che si stagliava contro il bianco argenteo delle ali. Disegnava nell’aria cerchi concentrici sempre più grandi, poi li restringeva volteggiando. Le antenne vibravano e ipnotizzavano. Lui la riconobbe subito, quei movimenti ritmati gli erano familiari. S’infiammò di desiderio, la voleva tutta per sé. Non la vedeva dalla sera in cui lo aveva sorpreso con l’altra nell’agrumeto, sul letto del fiore bianco carnoso e fragrante.

“È mio. Devo agire in fretta” pensò Maja, facendo dietro-front. Ancheggiava, sicura che la seguisse. Allargò la traiettoria danzandogli intorno ammiccante, seducente. Lui ansimava di desiderio.

“Ti condurrò nella più bella delle dimore”

La seguiva in ogni movimento. Lei volteggiava, lui volteggiava, in tondo, in tondo, in alto, in basso, sempre più vorticosamente fino ad avere le vertigini. Estasi pura. Giunsero su di uno specchio d’acqua, in una valle incantevole. Lei si mise a fare traiettorie verticali e lui la imitò, giù a capofitto nell’acqua che rifletteva i colori di Maja. Poi lo specchio si richiuse dietro di lui e lo sommerse. Allora Maja smise di danzare e ridendo soddisfatta volò via.

Presentazione a Martina Franca, conversando fra libri e pasticcini


Io e Giovanna che ci divertiamo anche a co-autografare le antologie vendute.

Maria Rosaria Chirulli, il link tra me e la libreria, Dirce, che sorride dietro un vaso di azzurra lavanda, io che m'infervoro nella conversazione e Giovanna che conferma quanto dico sorridendo

Libreria Taberna Libraria, in foto Giovanna Astori, Lucia Sallustio, Dirce Scarpello

Giovanna Astori, pizzicata a sbocconcellare un dolcetto di pasta di mandorle, la splendida Mariangela, Lucia Sallustio e Dirce Scarpello. Tutte visibilmente soddisfatte della presentazione!

In foto, Mariangela, titolare della libreria, Dirce, impegnata a presentare il suo romanzo, io e, semi-nascosta dal pubblico, Giovanna

Le parole: fascino e vulnerabilità


LE PAROLE

Fermare le parole sul bianco della carta o sullo schermo del computer è cosa tremendamente affascinante. Un bisogno dell’animo di estraniarsi da loro. Quando parli le parole ti appartengono ancora, escono dalla tua bocca, sono, dunque, parte di te. Te le puoi perfino rimangiare. Appartengono a te, sono i tuoi pensieri, sono dettate dal tuo cuore. Talvolta volano via, perché si sentono irretite da te o perché non te ne rendi nemmeno conto. E, invece, avesti dovuto trattenerle nel tuo profondo, avresti fatto meglio per mille ragioni, per diplomazia, per educazione, per ipocrisia. O, solo, ti sono sfuggite dando corpo alla tua rabbia, dentro di te, e non te ne sei resa nemmeno conto. Le hai usate come corpi contundenti. Perché anche le parole uccidono, fanno soffrire, umiliano, allontanano.

Ma quando le hai fermate sul bianco con un colore qualsiasi, nero, blu o con la penna rossa con la quale correggi i compiti dei tuoi alunni, lo hai fatto perché si vedessero meglio, per dare forma ai tuoi pensieri, che prima ti sembravano slegati e fluttuanti e , per questo, immateriali.

Ora hanno un loro peso e una forma. Hai usato la morfo-sintassi più o meno sofisticata per tenerle insieme. Hanno un senso compiuto per gli altri, o almeno questo pensi e speri. In compenso sono più vulnerabili delle parole solo pronunciate. Sono lì ferme e aspettano. Di essere osannate, condivise, derise, respinte, se non uccise da altre parole che formano altri discorsi. In una faida senza tempo che, implicitamente, hai accettato.

Purtroppo, talvolta, non ti sembrano più nemmeno le tue, svestite come sono del tuo fiato, della tua voce.

Hanno persino perso la tua intonazione per prestarsi ad essere lette secondo altre tonalità, secondo pause non pensate eppure frapposte. Sono diventate parole altrui. Nel materializzarsi, ti rendi conto che si sono reificate.

Si possono perfino smarrire all’interno di quella nuova veste che hai dato loro. Girano sulle bocche di quanti non conosci nemmeno e le cui vite potresti non condividere.

Ma è un rischio che devi correre, se vuoi sbarazzarti di loro, del peso che quei corpi vanno prendendo e che non riesci più a sopportare da sola.

Le parole scritte sono di tutti. Convincitene.

di Lucia Sallustio

Oggi lo chef consiglia: versi elegiaci


DOPO

Dopo ogni cosa bella,

dopo il gioco,

dopo il divertimento,

dopo l’amore,

dopo lo stupore

il vuoto ti pervade

il magone nel petto

la mancanza nel cuore

l’assenza nella mente

e non sai più progettare

col ricordo inchiodato

che ti arrovella dolcemente.

Voli e non cammini

Sogni e non pensi

T’impigrisci nel far niente

Ché c’è tempo al domani

Prima che sfumi quel che di ieri

resta il giorno dopo.

di Lucia Sallustio