Chissà perchè d’estate te ne accorgi di più. Mi riferisco alla vitalità della natura, per quel che é bello e quello che, invece, infastidisce, sto pensando alla bellezza del silenzio in estate, nelle ore della canicola che sembra trascorrino lente e dilatino il tempo, postponendo pigramente l’arrivo della sera, della movida, dei locali affollati di gente o della passeggiata al lungomare o al porto, quella che ti fa viaggiare con la fantasia, che la accende di viaggi e posti lontani.
Eppure quel silenzio meraviglioso, non disturbato dal traffico, dai clacson di guidatori inviperiti e frettolosi, da sgommate di furbetti che cercano di tagliare la fila, da radio attuttovolume di macchine di ragazzetti nullafacenti, è spesso disturbato dal ronzio di insetti, mosche che s’appiccicano alla pelle sudata e talvolta pizzicano e irritano e zanzare tigre che della tigre hanno assunto l’aggressività e dei vampiri la golosità del sangue. E certo che questi insetti non ti portano proprio a beatificare la natura e a decantarne la meraviglia quando ti scopri punture incrostate e bitorzoli infettati che rovinano la pelle scolpita dall’abbronzatura così faticosamente conquistata sotto il solleone.
Forse a questo pensava l’anno scorso M.G., curatore di Trentarighe di Fernandel quando ci ha proposto come tema la parola: INSETTO per la selezione di settembre.
Io ho partecipato, ahimé quella volta senza menzione, con questo raccontino, insetto sublimante, che di seguito vi propongo.
Splash!!! Ah, era una zanzara!
LA DANZA
di Lucia Sallustio
“Eccolo lì, bella faccia da impunito. Vanesio, che si atteggia, corpo perfetto. Ah, sì, posso gridarlo, l’esemplare più bello conosciuto, corpo di velluto, ali da carezza. Ma che sto dicendo? Voglio mica cadere di nuovo tra le sue ali? No, no, devo resistergli”
“Maja, stai svolazzando da qualche minuto intorno al corbezzolo. Apri le danze, aspettano per il sopralluogo. In fretta, prima che cali il sole e sia più difficile scegliere le nuove dimore.”
“Subito, Altezza.” Fece una riverenza e diede avvio a una danza di una soavità così sensuale che lo sciame di fuchi zittì all’improvviso, abbagliato dallo sfavillio del giallo e del nero del suo corpo affusolato che si stagliava contro il bianco argenteo delle ali. Disegnava nell’aria cerchi concentrici sempre più grandi, poi li restringeva volteggiando. Le antenne vibravano e ipnotizzavano. Lui la riconobbe subito, quei movimenti ritmati gli erano familiari. S’infiammò di desiderio, la voleva tutta per sé. Non la vedeva dalla sera in cui lo aveva sorpreso con l’altra nell’agrumeto, sul letto del fiore bianco carnoso e fragrante.
“È mio. Devo agire in fretta” pensò Maja, facendo dietro-front. Ancheggiava, sicura che la seguisse. Allargò la traiettoria danzandogli intorno ammiccante, seducente. Lui ansimava di desiderio.
“Ti condurrò nella più bella delle dimore”
La seguiva in ogni movimento. Lei volteggiava, lui volteggiava, in tondo, in tondo, in alto, in basso, sempre più vorticosamente fino ad avere le vertigini. Estasi pura. Giunsero su di uno specchio d’acqua, in una valle incantevole. Lei si mise a fare traiettorie verticali e lui la imitò, giù a capofitto nell’acqua che rifletteva i colori di Maja. Poi lo specchio si richiuse dietro di lui e lo sommerse. Allora Maja smise di danzare e ridendo soddisfatta volò via.