Aprile: mese di recensioni per la collana “Undiciparole” di perroneLAB


Mese di recensioni per “Quando avevo undici anni” e “Capace di intendere e di volare“,  le prime due antologie della collana edita dalla perroneLAB.

Dopo Puglialibre, oggi  si parla di noi anche sul sito “Liberidiscrivere”. Se vi interessa leggere, seguite questo link:

http://liberidiscrivere.splinder.com/

Grazie a Diego Di Dio, uno degli undiciparolieri e co-autori, per essersi prodigato a fare conoscere i nostri racconti presso il sito e a Trap per avere fornito le antologie.

Sull’uso della parola


Oggi gli Auguri di Buona Pasqua li faccio con una citazione dal libro che ho appena iniziato a leggere:

 … Fu allora che mia madre mi parlò della necessità di masticare le parole prima di dirle. “Rigira le parole nella lingua per sette volte, con le labbra ben chiuse, prima di pronunciare una frase”, mi disse, “perché rischi di rimetterci molto, una volta che le parole sono uscite”. Più tardi mi rammentai che, in una novella delle Mille e una notte, una sola parola detta male poteva portar disgrazia al malcapitato che l’avesse pronunciata facendo indignare il califfo, o il re. Poteva anche capitare che venisse chiamato il sayyàf, il boia. 

  D’altronde le parole potevano anche esser la salvezza, per la persona abile a tesserle con arte. Questo é accaduto a Shahrazàd, l’autrice delle mille e una storia…

da “La terrazza proibita. Vita nell’harem” di Fatema Mernissi, ed Giunti, pag.16

Recensione di “E ti torce, l’amore” su Poetry wave-dream di Antonio Spagnuolo


Che l’amicizia sia un sentimento nobile e poliforme che racchiude in sé già  altri sentimenti quali la stima, la lealtà, l’amore stesso nella sua sfumatura più ideale e meno materiale, é cosa risaputa. Non parlo di amici di sempre, di rapporti consolidati nel tempo che hanno saputo superare sbarramenti di diverso genere, quelli per fortuna ci sono e rimangono per me dei saldi punti di riferimento. Ciò che mi sorprende, invece, è constatare come sia possibile trovare nuovi amici a tutte le età e, soprattutto, che le recenti amicizie fatte in ambito letterario si rivelino forti e gratificanti alla stessa stregua di quelle cresciute nel tempo.
Come da mia abitudine, interrogarmi sempre sul “perché” delle cose, delle situazioni che si creano, degli eventi, ho riflettutto a lungo anche su questo. La risposta mi è giunta da un grande del passato, un intramontabile, che già parlava di “affinità elettive”. Ecco cosa lega persone che per anni hanno seguito percorsi isolati e paralleli e che, in occasione di una manifestazione letteraria o semplicemnte sfruttando la nuova tecnologia e i social-network, hanno visto le loro strade convergere verso interessi e sentire comune, verso l’ardua trasposizione di quel sentire in parole. Amicizia rinsaldata, peraltro, dalla condivisione di come sia diffile dare a quelle parole una collocazione più o meno stabile sulla carta, visto che le  parole sono in continuo movimento, onde che si accavallano e si stemperano nel sereno o sopraffatte dai moti di altri animi inquieti.
Un lungo preambolo per dire che Giuseppina Di Leo, autrice del libro di poesie “Slow-feet” edito da Gelsorosso  e amica di penna di recente conoscenza, ha confermato la mia teoria gratificandomi con una recensione sulla mia silloge poetica “E ti torce, l’amore”. Si è poi presa la briga di contattare il poeta Antonio Spagnuolo perchè la pubblicasse, se di suo interesse, sul proprio sito “Poetry wave-dream”.
Un grazie di cuore all’amica e un  grazie pubblicamente ad Antonio Spagnuolo *per avermi dato fiducia inserendomi tra i tanti grossi nomi del panorama letterario italiano del quale egli stesso fa parte.
Vi riporto integralmente la recensione e subito dopo il link al sito:
martedì, 19 aprile 2011

Lucia Sallustio: “E ti torce l’amore” – Ediz.“Il Croco” – Gennaio 2011 – I quaderni di Pomezia –Notizie – (Terzo Premio Città di Pomezia 2010) –
“E ti torce, l’amore” è elegia di sentimenti . Come l’altra metà del cielo è donna,  così la poesia di Lucia Sallustio si mostra con tutta l’evidenza  della propria femminilità, facendo della metà  la parte di un tutto.
Poesia al femminile,  dunque, un’impronta che colloca il sentimento d’amore verso il proprio uomo come prima istanza, un’urgenza di cui la parola si fa carico: «Nel gioco sottile dei rimandi,/ dei dinieghi e ammiccamenti,/ nell’ombra dello sguardo/ nel donarsi senza pretese/ nella richiesta insoddisfatta/ nell’oggi avaro d’amore/ o nel provvido domani/ si dipana la nostra storia» (Catena e ghirlanda).
Emerge immediatamente, fin dal titolo dell’agile raccolta, l’uso e forse anche abuso, della parola ‘amore’, nelle sue varie declinazioni, un tormento che è, al tempo stesso,  confessione e bisogno d’amore, per l’appunto.
Tra “Pensieri d’amore”e “Bisogno d’amore”, rispettivamente, la prima e l’ultima poesia della silloge – un haiku e un’ode a rima baciata – i sentimenti  verso l’amato scorrono in mille rivoli, con i tormenti e le paure,fatte di attese, rinunce e di soprassalti del cuore: «Mescolammo forze e debolezze/ [..] Ci cercammo nella notte e nel giorno/ per timore di perderci»  (Storia di noi due).
In diciotto liriche prende forma la ricerca stilistica della poetessa, tra paronomasie («bronci e baci»), allitterazioni («nel grigiore dei giorni uguali»); lo sviluppo di una storia vissuta in prima persona da una donna innamorata della propria storia a due, al punto da rendere plurale il desiderio dell’altro, fin oltre la propria esistenza: «Energia Io sarò per te/  quando il buio attraverserai» (Io e Te). Una dichiarazione d’amore, toto corde.
Giuseppina Di Leo

http://poetrydream.splinder.com/

*Antonio Spagnuolo è nato a Napoli il 21 luglio 1931. Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, inserito in diverse antologie, collabora a periodici e riviste di varia cultura. Attualmente dirige la collana “le parole della Sibilla” per le edizioni Kairòs, e la rassegna “Poetrydream” in internet. Nel volume “Ritmi del lontano presente” Massimo Pamio prende in esame le sue opere edite tra il 1974 e il 1990 . Nel volume “Come l’ombra di una nuvola sull’acqua” Plinio Perilli elabora un  saggio sulle ultime pubblicazioni edite tra il 2000 e il 2007. Tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo. Ha pubblicato numerosi volumi di poesia quasi tutti premiati. Di lui hanno scritto numerosi autori fra i quali A. Asor Rosa che lo ospita nel suo “Dizionario della letteratura italiana del novecento“, e nei volumi della “Letteratura Italiana” edizione Einaudi 2007 , Carmine Di Biase nel volume “La letteratura come valore“, Matteo d’Ambrosio nel volume “La poesia a Napoli dal 1940 al 1987“, Gio Ferri nei volumi “La ragione poetica” e “Forme barocche della poesia contemporanea“,  Stefano Lanuzza nel volume “Lo sparviero sul pugno“,  Felice Piemontese nel volume “Autodizionario degli scrittori italiani” , Corrado Ruggiero nel volume “Verso dove“, Alberto Cappi nel volume “In atto di poesia“, Ettore Bonessio di Terzet nel volume “Genova-Napoli due capitali della poesia“, Dante Maffia nel volume “La poesia italiana verso il nuovo millennio”, Sandro Montalto in “Forme concrete della poesia contemporanea” e “Compendio di eresia”,  Ciro Vitiello nel volume “Antologia della poesia italiana contemporanea”, oltre a L. Fontanella , M.Lunetta, G. Manacorda , Gian Battista Nazzaro , G. Panella, G. Raboni ,  e molti altri .

Recensione di Puglialibre a “Capace di intendere e di volare”-PerroneLAB


Oggi una gradita sorpresa sulla rivista on-line “Puglialibre”: la recensione all’antologia “Capace di intendere e di volare” edita da perroneLAB nel 2010.

Ve la riporto integralmente:

Prendendo spunto da una famosa espressione giudiziaria, Capace di intendere e di volare, edito da PerroneLab (pp. 120, euro 12) raccoglie diciannove racconti monotematici scritti da altrettanti abili autori che, in brevi narrazioni, rivelano emozionanti scorci di vita vissuta, momenti in cui oltrepassare un limite imposto equivale a scoprire il valore e il senso della vita. Questa raccolta di racconti rappresenta l’evoluzione tematica di una precedente pubblicazione, Quando avevo undici anni, edita sempre dalla stessa casa editrice, in cui si affronta la delicatissima fase della vita a cavallo tra l’infanzia e l’adolescenza. In Capace di intendere e di volare, invece, si delineano le dinamiche emotive e interpersonali tipiche del passaggio all’età adulta. I protagonisti di queste storie vivono situazioni complesse; dalle violenze fisiche ai traumi psicologici, dai fallimenti scolastici alle problematiche lavorative, dalle carenze affettive alle assenze di sostegno. Ma anche nella tragedia, nel dramma che attanaglia queste giovani esistenze, una via di salvezza è possibile. Un obiettivo al quale mirare, un appiglio sul quale fare presa, una meta sulla quale incanalare tutte le forze dell’anima e della coscienza. Emergere dalle sabbie mobili che li hanno intrappolati e tirati giù, nel fondo della sterile vita, diventa l’aspirazione principale di questi piccoli eroi. Al di là della sofferenza, però, si innalza dirompente la speranza, la fiducia nel futuro. Un domani più accogliente e caloroso dei grigi e gelidi tempi passati. Una concreta realizzazione della bramata illusione di salvezza che ha condito sogni e desideri covati nell’animo. Tra i racconti degni di nota, segnaliamo quelli delle scrittrici pugliesi Lucia Sallustio e Dirce Scarpello. Il racconto della Sallustio, dal titolo Tra lui e Nutella, affronta, nella cornice informatica tipica dei nostri tempi, una tematica affettiva molto profonda. La genitorialità mancata e sofferta, desiderata e colpevolizzante; mistura di lacrime versate e carezze mancate, sfoghi scagliati invano contro lo schermo di un computer che, inaspettatamente, si trasforma in dispensatore enigmatico di assenze affettive. La virtualità tecnologica, distante e fredda per antonomasia, si rivela collante e forza attraente di due personalità quasi in rotta di collisione. Bouquet floreale di Dirce Scarpello descrive, in una circostanza particolarmente tragica, un intenso dialogo interiore che la protagonista instaura con se stessa alla ricerca di una possibile, ma quanto mai distante, identificazione con la figura materna, donna premurosa e protettiva nel suo ligio dovere genitoriale. Anche in questo contesto, l’elemento drammatico si rivela chiave di volta di un rapporto virtuale sospeso, alla ricerca dell’inno alla vita così tanto desiderato.

Angelo Urbano

Questo il link:

http://www.puglialibre.it/2011/04/capace-di-intendere-e-di-volare-perronelab/

 

IBISCUS ROSA-racconto


 

IBISCUS ROSA

Siamo qui seduti, tutti in ghingheri, schermati dai grandi occhiali da sole di moda questa stagione, sotto un sole di luglio dai raggi cocenti che ci sferzano, ci abbagliano. Eppure non abbandoniamo le nostre sedie, per paura di rimanere in piedi. C’è un buon afflusso di gente, non consueto per una manifestazione letteraria.

Il palco è stato allestito su di una pedana di legno di rovere a strapiombo sull’ampia vallata. Nonostante il caldo, che ci appiccica gli indumenti alla pelle umida docciata da poco, nessuno ha voglia di riparare all’ombra. Effluvi di bagno schiuma profumano l’aria, camuffano pesanti sudorazioni. L’occhio curioso guizza alle cantine. Sono serrate. Peccato, avrei acquistato volentieri delle bottiglie di vino da regalare ad amici e parenti. Sarà un buon vino, penso, anche se mi ritengo ignorante nel settore. Me lo dicono tutti che una come me, che ama la buona cucina e prepara banchetti che fanno parlare per settimane, dovrebbe farsi una cultura anche sulla bevanda degli dei.

“Per-Bacco” rispondo, scusando con una lieve nota ironica la mia imperdonabile mancanza. Confesso, non ho mai ricevuto una buona educazione al vino. Mia nonna, da buona massaia e dal passato innaffiato di cultura contadina, ripeteva che “Buon vino fa buon sangue” e ce la cantava pure, a tavola, la sua canzoncina sul vinello galante per inneggiare “alla salute di tutte e quande”.

Ma non la pensava così mia madre che, per fare la proto-femminista negli anni settanta, sosteneva l’idea consumista di acquistare cibo in scatola, pronto all’uso, che non sottrae tempo alla donna moderna. Le tradizioni, compresa quella dell’educazione del palato al buon vino, erano simbolo di un passato antiquato e rurale.

Così, quando mi hanno invitata al reading, il giorno dopo la premiazione in un paese vicino, non sapevo cosa fare. L’invito era nel prestigioso impero dei Zaccagnini a Bolognano. Dove sarà mai, mi sono chiesta, e ho incominciato a navigare in rete alla ricerca di qualche informazione. Un luogo dove arte e vino formano un binomio perfetto, annunciava lo slogan.

Belle le immagini del sito, interessante la storia, attraente, soprattutto, il background artistico della zona e dei proprietari. Ho accettato l’invito, avrei prolungato la vacanza di un altro giorno.

La vista tutt’intorno è mozzafiato. Non è la California, eppure questa è esattamente l’idea che mi ero fatta di Nape Valley. I monti della Majella ci abbracciano premurosi, il verde dei vitigni delle contrade circostanti dona un senso di pace all’animo, il sole stordisce, l’arte delle grandiose sculture disseminate attraverso le proprietà dei Zaccagnini fa respirare l’animo. Perfino il legno del pavimento, bruciato dal sole, stuzzica le narici, profuma ancora di bosco. Sarà lo stesso legno delle botti, pregiato come questo momento.

Arriva l’attore. Bello, passo svelto e sicuro. E la voce, che voce calda e suadente! Gli sono ancora grata, ieri sera ha letto così bene il passo selezionato dal mio racconto che mi sono stupita di averlo scritto io. Lui era davvero ispirato, ecco la parola giusta.

Segue la Giuria al completo, in abiti da pomeriggio, sobri. Un’altra parola giusta. Qui è tutto sobrio, eppure divino. Scusatemi il gioco di parole. Ci salutano come amici di vecchia data, siamo più amici di ieri, il buon vino e il rinfresco home-made delle donne di Abbateggio, ieri sera, ha sciolto le nostre lingue. Sono nate amicizie, ci siamo scambiati indirizzi, senza calcolo. Abbiamo socializzato, come si dice oggi.

Si sciolgono al vento anche le prime rime. Rime sulla vendemmia si mescolano con le più classiche dannunziane, semplici haiku si confondono con versi pascoliani, quelli che abbiamo divorato da piccoli, a scuola, un po’ per obbligo, un po’ per noia. Sono leggere le parole, s’innalzano al cielo, quasi preghiere che consacrano il nostro incontro. Il sole a palla infuocata inizia veloce la sua discesa, la visione ipnotizza, man mano che va a nascondersi dietro il monte. La magia del posto conquista, la sistemazione del palco è studiata con sapienza, l’allestimento è frutto della mano dell’uomo.

Che strano, questa volta l’uomo ha capito che non deve violare la natura, che il giusto connubio uomo-natura è veramente l’anima del progresso. La presenza di Tara Gandhi, Presidente della Giuria del premio letterario, garantisce, infine, la buona riuscita della manifestazione. Nel suo discorso, nella semplicità del suo italiano corretto ma povero, ritrovo espresse a voce alta le mie intuizioni. L’uomo deve ritrovare la sua antica armonia con la natura, questo è il futuro. Un’idea che ha radici nel passato.

Foto di gruppo, finale lusinghiero, e come dopo una cerimonia in chiesa, l’invito ai presenti è di restare per il buffet.

“Ho finalmente capito cos’è un reading” scherza mio marito. Ma le sue parole sembrano sincere, è stato catturato anche lui dalla magia della montagna Madre.

Ultimo atto, i vincitori assoluti delle quattro sezioni sono nuovamente premiati con un’incisione del figlio scultore di Zaccagnini.

Mi dispiace un po’ di non essere stata richiamata in scena, ero arrivata seconda, ma la vista dei tavoli allestiti per il buffet mi consola.

Il sole si è coricato, brillano timide le stelle nel cielo fattosi scuro, a mantella sulla pelle accapponata dalla brezza della sera. I profili dei monti solo ombre, il profumo della porchetta e del buon vino si sprigiona tutt’intorno. La religiosità del momento della declamazione è smorzata dalle chiacchiere e dalle risa del momento conviviale.

Il vino fa gli onori di casa, rossi dai riflessi violacei; dal bouquet intenso, aromatici e persistenti al palato e rosati dal colore tenue, armonici, dal gusto fine ed elegante.

Io bevo Ibiscus rosa, fresco e fragrante. Ho detto che di vini non ne capisco niente, ma questo mi piace, solletica la mia nota romantica. E come rimanere indifferente a questo scenario che incanta!

“Buono veramente, tenue il colore, intenso il gusto. Che serata meravigliosa” dico a Maurizio.

“Opera del Reading” mi sussurra nell’orecchio, ironizzando ancora.

“No, opera della magia di questo posto in una notte di mezza estate, della poesia che accarezza l’animo nel silenzio corale, di Bacco che ci gonfia di ebbrezza.

“E allora, brindiamo ai tuoi quarantanove anni che per più della metà abbiamo speso insieme e al nostro amore.”

Intorno a noi è tutto di-vino.

di Lucia Sallustio