Ho riletto il romanzo di Andrea Masotti per la terza volta e ne ho colto nuovi significati, una visione d’insieme che m’era sfuggita alla prima lettura, come sempre più veloce e mirata a conoscere lo sviluppo della storia, a soddisfare la tipica curiosità da lettore che si chiedeva come sarebbe andata a finire per la miriade di personaggi che affolla il romanzo e si sovrappone in una nuova commedia umana incisiva e abilmente riscritta. Questa é la recensione che ne é scaturita e che ho inserito nella pagina Le mie recensioni di questo stesso sito. La riporto anche in homepage per dare maggiore visibilità all’autore che, pur essendo alla sua opera prima benché già noto nel mondo della poesia e della narrazione breve per i prestigiosi e numerosi riconoscimenti ai premi letterari Nazionali e Internazionali, merita di essere conosciuto, letto e apprezzato. Un incoraggiamento da parte mia ad Andrea Masotti per il suo secondo romanzo.
Un romanzo dall’intrigo narrativo notevole, una promessa già dal titolo, che tiene avvinto il lettore e lo conduce per mano, perché in quei meandri non si smarrisca, attraverso slittanti coordinate spazio-tempo, in un vorticoso dinamismo bilanciato dall’unico luogo stabile presente, la Questura di Mosca. Qui l’imprenditore italiano Franchi, in viaggio per affari e testimone inconsapevole dei fatti narrati, si confronta con il commissario Gremov disposto a giocarsi l’ultima carta, quella vincente, con due terroristi da neutralizzare per ritagliarsi una carriera brillante.
Una fuga dà il via al romanzo. Svetlana fugge da Victor, o meglio sfugge dall’immagine estroflessa di sé, dal compagno di un percorso di vita che porta progressivamente al degrado fisico e morale e all’inevitabile annientamento. Una fuga che, in maniera imprevedibile come sempre avviene nella vita e con un abile colpo di scena narrativo, la condurrà a probabile salvezza.
Nessun personaggio, partito come dice Svetlana “avvalendosi della libertà, di rischiare pur di allontanarsi, si sente di affrontare la vergogna di una sconfitta”, per cui ciascuno di essi affronta l’ultima scommessa con coraggio ma anche sentimento. “ Qui a Grozny sono tornate le rondini, l’erba dopo la pioggia cresce ancora, nascono i bambini. Tutto tornerà come prima…”dice Khaskhanova accorata a suo fratello Timur al telefono per convincerlo a tornare a casa e farlo desistere dalla guerriglia.
Il senso del romanzo è insito in una citazione dal 1° Libro di Enoch, lo strano libro che sta leggendo l’unico personaggio statico dell’intera narrazione, Diana, la moglie dell’imprenditore Franchi, l’emblema dell’Occidente che sta a guardare tra il pigro e l’annoiato dalla stanza dell’elegante Hotel Holiday Inn: “Allora Raguel, uno degli angeli santi che era con me, mi rispose:-Questa lingua di fiamma, che tu hai visto, è il fuoco dell’occidente che perseguita tutti gli astri del cielo”.
Il mondo consumistico e materialistico occidentale che occhieggia nelle Adidas rosa che Svetlana aveva appoggiato presso il muro di un edificio per non rovinare, laddove più incurante sembra essere con il proprio corpo smunto e consumato da droga e abbrutimento, o nello zaino nero con la scritta CULT in rosso non è più benevolo o positivo di quello orientale permeato da focolai sempre attivi, odio disperato, attentati e sangue versato, torture e violenza. Odio e sentimento sono ovunque, s’intrecciano, si mescolano e Timur lo dimostra immolandosi per la salvezza di chi dovrebbe essere una nemica, perché come dice Svetlana in maniera provocatoria qualcuno ha detto che si finisce per assomigliare ai propri nemici, cosicchè Timur, per assurdo che possa sembrare, per un attimo ha pensato anche lui di volere essere russo. Sapeva Usman che il suo amico era diverso dagli altri e “non capiva Timur perché giovane e carismatico com’era non lo accompagnava nel suo odio disperato contro gli occupanti, un odio che forte come l’amore per la sua città martoriata dalla guerra, lo teneva vivo.”
Un tenero e fugace sentimento d’amore sboccia a sorpresa nelle ultime pagine del romanzo e irradia un’intermittenza di luce perché Svetlana è colei che porta la luce a Timur dopo una vita buia accecata da odio e vendetta e prima del buio della morte alla quale il giovane ceceno s’immola per non tradire sotto tortura.
Recensione di Lucia Sallustio